Ringrazio ogni giorno i miei genitori per la loro tenacia. Magari non se ne intendevano di internet (no, neanche ci si immaginava che un giorno sarebbe esistita una cosa del genere, ci limitavamo alle ricetrasmittenti di star trek) o di moda o di cose da giovani… ma una cosa è certa, non mi hanno mai permesso di “mollare”.
Ricordo ancora ora, come fosse ieri, quel dolore bruciante della sconfitta dopo essere caduta per l’ennesima volta nel tentativo di imparare ad andare in bicicletta… Ho pensato di tutto… che in fondo non era un’attività per me, che al mondo esisteva tantissima gente che non sapeva andare in bicicletta, che avrei potuto farne a meno (tutte cose verissime…) e nei pianti disperati, ginocchia sbucciate e discreto numero di spine piantate nel braccio mi rigiravo in un dolore che non sapevo come chiamare, ma che oggi ha tutte le caratteristiche del “#fallimento ”.
E ricordo mio padre, con la sua immane pazienza che se la ridacchiava amorevolmente, camminando affrettato per venire a tirare su me e bicicletta, controllare che fosse tutto ok a grandi linee e dirmi “tut a post?” (in dialetto “tutto a posto?”) …” e ben, dai …. Rimontiamo e riproviamo…”
“NO!” testarda ribattevo io… (avevo già stabilito che la bicicletta non mi sarebbe mai servita, era out a tutti gli effetti dalla mia vita).
E lui insisteva serio e irremovibile: “dai, su fa nen la fola (non fare la stupida), rimonta e vai…” mentre ridacchiava con tenerezza delle mie lacrime.
Ho creduto seriamente di odiarlo. Lui non capiva… mi sentivo stanca, ero anche caduta, e arrabbiata perché non riuscivo a fare quella cosa stupida, e lui non capiva! Si ostinava a farmi riprovare quell’esperienza, voleva che riprovassi quell’ #umiliazione! Come può un padre sbagliare così tanto?!?
Ma niente, senza rabbia con le sue borsate di pazienza di chi sa cosa sta insegnando, ha continuato ad insistere fino a che riprovassi.
E ringrazio anche mia madre… scuole elementari, pessimo voto in un compito in classe di grammatica, derisione generale dei compagni di classe (i bambini sanno metterci davanti a molte sfide) con “discorsino pubblico” della maestra. Oggi probabilmente sarebbe partita una denuncia, ritiro dell’alunno e indagine scolastica…
Quella volta no, torno a casa ricolma di #risentimento, #frustrazione ed umiliazione e decido che il voto è stato ingiusto e la maestra ed i compagni cattivi (la seconda probabilmente vera, la prima un po’ meno).
Mostro il voto a mia madre aspettandomi comprensione e protezione per l’infausto evento e le dico, tra fiumi di lacrime, che io a scuola non ci voglio più andare. Di tutta risposta mi travolge una sgridata epica per non aver studiato come si doveva, e mi sottolinea che l’indomani a scuola ci sarei andata eccome. Senza se e senza ma.
In 3 secondi nella mia testa si aggiudica i titoli di “madre peggiore del mondo” e “matrona degli inferi”, finalmente posso accusarla che vuole più bene a tutti gli altri bambini del mondo che non a me, e comincio seriamente a valutare l’ipotesi di essere la cenerentola abbandonata cresciuta dalla matrigna arcigna e stronza. Qualcosa glielo urlo tra le lacrime che scorrono a fiumi, di risposta vengo mandata a letto senza cena.
Come era possibile che non le importasse niente del fatto che gli altri bambini mi avessero presa in giro? Che la maestra non fosse stata “corretta” (oggi diremmo così) con me? Che il suo intento fosse quello di rimandarmi nuovamente tra quelle persone che il giorno prima mi avevano fatto provare quella che oggi potrei chiamare “umiliazione”? Mi stava “costringendo” a riprendere contatto con un sentimento tanto doloroso quanto bruciante. Eppure l’aveva fatto.
E io sono ancora qui. E ad oggi per quanto continuino a non piacermi i #fallimenti o possa essere soggetto di emozioni altrui che io non posso controllare, continuo a non mollare.
Dietro a quelli che per me in quel mondo di bambina erano emozioni strazianti e #dolorose, ci sono stati dei genitori coraggiosi… che si sono lasciati dire delle cose tremende senza sentirsi in colpa perché mi stavano insegnando ad affrontare le situazioni difficili della vita. Magari si sono chiesti segretamente se stessero sbagliando… Ma non hanno mai dato parvenza di non sapere cosa stessero facendo.
Mi hanno insegnato che non puoi sempre contare su qualcuno che ti difenda, a volte perché qualcuno non c’è, a volte perché la stai facendo più grossa di quella che è, a volte proprio perché hai sbagliato, hai fatto una cazzata e sei indifendibile.
Ma non c’è sbaglio o fallimento che nei giorni successivi non perda la sua carica e sia più semplice da affrontare. Mi hanno insegnato che #sbagliare è NORMALE che può succedere e che soprattutto c’è sempre spazio per provare a #RIMEDIARE. Che di fallimenti ne incontrerai tanti, da quando comincerai a camminare, cadendo, a quando proverai ad usare il cucchiaio da sola, piantandotelo in un occhio…a scuola, con i fidanzati, con gli amici, nel lavoro… ogni volta che fai qualcosa sei a rischio fallimento… ma non può essere motivo di #panico.
“solo chi non fa niente, non corre il rischio di sbagliare…”
Chi non ha imparato a gestire eventi dolorosi, proverà costantemente la #paura di non farcela, e sarà una paura subdola, onnipresente, ostinata da scacciare. Perché finché sei bambina e devi solo risalire su una bicicletta, anche se in quel momento ti sembra l’ostacolo più grande del mondo, è un conto, ma quando a 40 anni magari ti trovi a doverti rifare la vita dopo un divorzio le cose hanno ancora un altro peso. O quando ti trovi a dover gestire un rifiuto...
E se non ti è stato insegnato ad attraversare il #dolore con la fiducia che “non può durare per sempre” “ho possibilità di rimediare” “ci posso riprovare da capo” “anche se sbaglio non perdo l’amore degli altri”, è difficile che tu abbia le #risorseemotive necessarie per affrontarlo senza paura… è come se ti mancasse il file o il volume dell’enciclopedia in cui c’erano tutte le informazioni corrette per farlo. Quel file non l’hai mai scaricato. Quel volume non l’hai mai comprato.
E da grandi, per imparare ad avere fiducia nelle tue capacità, hai bisogno di più tempo, non è impossibile, puoi farcela ma potrebbe volerci un po’… potresti avere bisogno di chiedere aiuto a più tecniche, alla psicoterapia, allo #Shiatsu, ad un #lifecoach, alla #kinesiologiaemozionaleRd… ognuno deve costruire il suo percorso più coerente per lui.
L’ #attaccodipanico è un disperato grido di aiuto davanti ad una paura più o meno consapevole della nostra mente non consapevole. Paralizzano, bloccano alcune funzioni del corpo, la sensazione è quella di morire. Con gli attacchi di panico non si scherza, non sono capricci o semplici scenate, è una chiara manifestazione di disagio emotivo e come tale va trattata.
L’articolo non ha nessuna valenza scientifico medica, ma è frutto di un’esperienza decennale dell’autrice nel settore delle discipline olistiche. Nessuno dei consigli dell’articolo è da considerarsi come sostituto ad un parere medico.
Comments