Nell’ascolto del suono della parola, ne intercettiamo un messaggio ancora più sottile:
“com-prendere”,
ovvero “prendere e portare dentro nella sua totalità, facendone parte di me. Non a caso questa è una funzione che viene metaforicamente associata allo stomaco, questi, infatti, ha il compito di prendere da fuori il cibo nella sua totalità e cominciare il viaggio che porterò questo cibo ad essere trasformato in un pezzettino di noi.
E cosa significa comprendere, nella vita di tutti i giorni? In che modo questo fa parte dei bisogni che sono alla base dell’essere umano?
Per ricordarvi l’importanza del termine “bisogno” vi invito ad andare a ripescare l’articolo sul blog, a mettere due basi in più, ribadendo che tutti i bisogni si sentono e sono importanti anche in età adulta e non solo da bambini.
L’esigenza di sentirsi compresi, e di andare alla ricerca di qualcuno che lo faccia, dandogli anche un posto importante nella nostra vita, soddisfa quel bisogno di non sentirci soli. Alimenta infatti la sensazione che “se al mondo esiste qualcuno in grado di comprendermi, allora non sono solo/a e il mio modo di essere e le mie idee troveranno uno spazio per essere accolte in un gruppo (è la faccia oscura dell’accogliere il fatto che ognuno di noi è unico e irripetibile).
Nessuno al mondo si sente e può essere veramente compreso, questo perché bisognerebbe incontrare qualcuno perfettamente uguale a noi, con lo stesso patrimonio genetico, la stessa famiglia, la stessa educazione, le stesse esperienze, lo stesso trascorso energetico di questa e altre vite. Impossibile.
E per capire esattamente come ti senti, ti serve qualcuno esattamente uguale a te.
E questo è impossibile. Quando non ci sentiamo compresi è perché per primi noi non ci comprendiamo, e la diretta conseguenza può presentarsi come un forte senso di solitudine.
E’ possibile però incontrare persone che hanno l’intenzione di ascoltarci apertamente a prescindere dal fatto di poterci comprendere o no.
Il succo è “probabilmente non ci sarà mai nessuno in grado di comprendere esattamente chi sono e cosa provo, ma è sufficiente sapere che c’è qualcuno che, se esistesse la possibilità, lo farebbe.”
E posso accogliere l’altro, anche se non so cosa prova, o se non so perché fa cose a mio parere incomprensibili, perché mi fido di lui e di me.
COSA SIGNIFICA ESSERE UNICI E IRRIPETIBILI?
Questo concetto che appartiene ad ognuno di noi molto più di quanto non si pensi, ha vissuto per molti anni (e in gran parte tutt’oggi) nell’ombra di una società che sceglie di dare un posto e premiare esclusivamente in termini di paragone e confronto.
Non basta che ognuno di noi sia bravo nei suoi talenti, o felice di manifestarli, deve poterlo dimostrare nell’ordine di essere migliore di…
In questi mesi, per esigenze di studio, mi sono trovata ad approfondire il tema di come nascono i bambini. No, non ridere, ti ho visto. Aspetta, non è come pensi, ti posso spiegare.
Dopo aver accuratamente visionato ore di api, pollini, fiori, cavoli e cicogne, sono potuta passare a cosa succede durante la fecondazione, a livello di ovuli e spermatozoi.
E senza dover scomodare il mondo delle energie sottili e delle anime, ho avuto un’ulteriore conferma di come ognuno di noi sia veramente unico e irripetibile, in maniera oggettiva e indiscutibile. Complice un video del canale Geopop che per chi volesse approfondire la parte tecnica può trovare qui mi è stato possibile oggettivare senza se e senza ma, che ognuno di noi è veramente un essere unico e irripetibile, certo il concetto potrebbe togliervi un po’ di magia, e potrebbe mettere il vostro ego in una posizione scomoda, ma con un po’ di coraggio vi permetterà di togliervi da quel sistema deviante e frustrante del paragone.
Quando un ovulo e uno spermatozoo si incontrano, essi portano con sé il bagaglio genetico selezionato appositamente con l’intenzione di creare un essere dotato delle migliori capacità di adattamento secondo le istruzioni ricevute dall’albero genealogico.
Già, perché quella valigia avrà lo scopo di portare le informazioni necessarie a creare un nuovo membro della specie che troverà la sua forza nell’azione dell’adattarsi attraverso le sue risorse in equipaggiamento dalla nascita e quelle acquisite nel tempo.
Risorse che a sua volta ha acquisito alla sua nascita, con un bagaglio selezionato tra i suoi avi.
È un po’ come se ovulo e spermatozoo fossero commercianti che vanno al mercato con una valigia in cui hanno messo il prodotto migliore secondo gusti ed esperienze selezionati da generazioni. Quando si incontrano, decidono che si piacciono e l’ovulo lascia entrare (non senza fatica) lo spermatozoo, i due corredi genetici si fondono e a loro volta creano un individuo che manifesterà il meglio della selezione, e così via generazione dopo generazione.
Questo bagaglio è raccolto in un mare infinito di possibilità, e le combinazioni infinite creano la realtà che non possa esistere un individuo uguale all’altro, e questo è valido già solo quando si parla del fisico e della sua struttura. Immaginate quanto esponenzialmente si allarga la possibilità di essere diversi quando si aggiungono educazione, ambiente, credenze, esperienze, rapporti sociali, influenze energetiche, e chi più ne ha più ne metta.
Neanche i gemelli omozigoti che condividono già di partenza una bella fetta di uguaglianza, alla fine rimangono uguali, figuriamoci il resto del mondo.
Non avete bisogno di dimostrare o che qualcuno vi riconosca di essere "unici e irripetibili" questo è già avvenuto, è un dato di fatto, la fiera dell'ovvietà.
E’ oggettivamente impossibile che esista qualcuno uguale e identico a noi.
Chiaro? Bene, ora andiamo avanti a vedere cosa c'è di secondo.
Per poter “sentire” una cosa, è necessario farne esperienza: per fare un esempio, non posso dire cosa significhi “una bruciatura” per me, se non l’ho mai provata prima.
Posso dire che altri dicono che è dolorosa, posso dire che ne ho viste e mi hanno fatto schifo, che ha cattivo odore, che ci sono persone che guariscono prima di altre, ecc… ma se devo spiegarlo a qualcuno e non l’ho mai provato, non sarà una visione mia. Racconterò una visione di quella che è la mia realtà data da proiezioni delle mie paure, del dolore che ho visto e che altri mi hanno raccontato, ma non sarà la realtà.
Non posso dare qualcosa di cui non ho fatto esperienza.
Non è corretto dire “ti capisco / capisco quello che provi” davanti al disagio altrui: uno, perché non ne ho fatto esperienza diretta, due, perché come abbiamo visto, non esiste una persona uguale all’altra e anche qualora l’esperienza fosse simile, noi l’avremmo vissuta in maniera diversa.
Quindi? Che si fa? Li lasciamo morire nel dolore e nella solitudine avvolti in una copertina di “Sticazzismo”? Allettante, ma no, non ne saremmo in grado. Abbiamo una soluzione più gentile.
La com-prensione della persona non arriva perché noi lo facciamo al suo posto. Non devo essere io a com-prenderti perché tu possa evolvere e non sentirti solo/a.
Ma posso farti vedere che esiste qualcuno in grado di ascoltarti e di comprenderti (se solo ne avesse le possibilità), e posso farlo senza giudizio o senza il bisogno di trovare a tutti i costi soluzioni.
Il primo motivo per cui non riusciamo a com-prendere noi stessi è la forte paura di non essere adeguati e di sentirci in qualche modo giudicati… ma se vedo che qualcuno là fuori ha la modalità di ascoltarmi, senza il bisogno di giudicarmi (incasellarmi secondo schemi di giusto e sbagliato), allora magari… chissà che non possa imparare a farlo anche io.
Sollevare gli altri dalla responsabilità di “farci sentire in un certo modo” è un passo importante da valutare nella nostra vita, quando siamo alla ricerca della serenità e di noi stessi.
Se siamo veramente alla ricerca della pace con noi stessi, allora bisognerà cominciare da… noi stessi.
Da canto mio ti lascio una meditazione da provare a fare, falla quante volte vuoi o… fino a quando non cominci a notare qualcosa di diverso nelle relazioni che ti circondano. Magari puoi cominciare una volta ogni due giorni per poi passare a una a settimana, ascoltati, e decidi.
Mi sento com-presa quando non ho più bisogno di essere capita per non sentirmi sola.
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