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FIDUCIA: Perchè non ti fidi di me? E perchè non mi fido di te?

Eccoci qui a parlare del tema della mia Agenda25 PusherEmozionale (ne ho ancora qualche copia se vi interessa) del mese di aprile: LA FIDUCIA.



Qualcuno che si è preso bene mi ha chiesto ulteriori spiegazioni , ed eccomi qui a voi.


Ma ricordatevi di aiutarmi mettendo un cuoricino all’articolo e di condividerlo se vi è piaciuto e la pensate in maniera simile o se pensate che queste parole buone potrebbero aiutare altre persone.


Ora, si comincia:


La parola FIDUCIA significa "avere fede", ovvero credere/sperare in qualcuno o qualcosa, che tutto proceda per il bene.

Sappiamo bene che la "fede" è un concetto controverso per qualcuno, e inattaccabile per altri.

 La fiducia non è esattamente qualcosa con cui nasciamo, è più che altro qualcosa che non mettiamo in dubbio dalla nascita ma che può subire alti e bassi nelle principali relazioni che viviamo (all'inizio, genitoriali).


Un bambino nasce con la certezza incrollabile che si fida di mamma e papà, che sono i suoi due pilastri, i suoi dei in questa terra, senza messa in discussione di nulla. E' con la crescita che appaiono le prime crepe...


Associamo la fiducia alle aspettative, quando queste vengono infrante la nostra fiducia a malincuore, vacilla.


Quando io mi aspetto qualcosa da te, e tu o non la fai o la fai diversamente, qualcosa dentro di me mi dice che non mi posso fidare.


Ma analizziamo bene quello che accade:


se TU non corrispondi alle MIE aspettative, è davvero colpa tua se la fiducia si rompe? E che responsabilità ho io in questa rottura?

 Nelle relazioni ci sono sempre almeno due parti coinvolte, ed entrambe hanno lo stesso “peso” nel comunicare.

Se io ho delle aspettative personali (le aspettative sono molto soggettive, sono una commistione di credenze famigliari, educazione sociale, regole interne ed esterne, proiezioni, ricostruzioni, senso personale di giustizia, usi e costumi ecc…) che tu non conosci o di cui io non ti ho messo a conoscenza, quando ti chiederò qualcosa tu risponderai secondo il tuo codice personale di risposta che potrebbe non corrispondere al mio codice di aspettative.


Ora vi faccio un esempio.

Anni fa, mi trovavo costantemente a entrare in frustrazione e litigio con mio marito per un equivoco del suddetto “codice personale di aspettativa” che non era mai stato condiviso insieme, ma d’altronde quale coppia lo fa?


Quando chiedevo a mio marito di fare qualcosa e lui, con gentilezza e disponibilità mi diceva, si certo, per quando ti serve? E io rispondevo “questo mi servirebbe anche subito”,  le cose andavano inesorabilmente in vacca.


Intanto vi chiedo: provate a fare un sondaggio intorno a voi e chiedete alle persone che vi circondano con quale lasso di tempo definiscono il termine subito, ovvero a quanto corrisponde in termini di ore, minuti, secondi. Vi stupirà, provate.

 

Tornando a mio marito, la mia richiesta veniva esaudita nel giro della giornata o comunque non prima di 6/7 ore. E io venivo scema.


Prima che ci fosse “l’illuminazione”,  tra me e me pensavo: “ma minchia, ma possibile che mi ha anche chiesto quando mi serviva e poi si prende tutto il tempo per farlo? Ma piuttosto non chiedermelo! Oppure dimmelo che non puoi mi sistemo io diversamente!” e via di segoni mentali e rimuginii che era un piacere. E lui, tranquillo come una Pasqua.


In seguito a un corso di comunicazione non violenta con Claudio Trupiano, tra le molte cose apprese c’era quella dell’ascolto della comunicazione e la sua responsabilità.


Come ricordo spesso ai miei corsi , la comunicazione, perché sia davvero efficace, deve avere 4 caratteristiche ben precise:


-devo avere un messaggio chiaro da passare (devo sapere anche io cosa voglio che passi di là)

-devo avere una persona di là che mi ascolti (quindi se parlo e il mio interlocutore dorme, non è comunicazione)

-devo essere sicura che il linguaggio che userò sia compreso da entrambe le parti (se parlo a un cinese che non capisce l’italiano non è comunicazione)

-e 4, molto importante, devo avere un cenno dal mio interlocutore che il messaggio sia stato ricevuto e compreso.

 

Se normalmente ne facciamo 2 su 4 è già tanto.

 

Cosa andava storto con mio marito?

Un giorno, con molta calma, gli chiesi  “mi dici per te, a quanto equivale, in termini di tempo, la parola “subito”?”

E lui mi rispose: “bè, subito è subito”.

“molto bene, e le basi ci sono… ma in termini di tempo, se potessi precisare?”

“bè… chiaramente entro la giornata…” (NELLA MIA TESTA VI LASCIO IMMAGINARE COME E’ RIECCHEGGIATO “ENTRO LA GIORNATA….”)

“ok, perché invece per me la parola SUBITO corrisponde a “da qualche minuto a massimo mezz’ora”

“no… no… non può essere così in fretta…”

e poi da lì è partita un’altra discussione, ma questa è un’altra storia.

 

Da quel giorno, anche ridendo, ma vi assicuro togliendoci un sacco di gatte da pelare, quando ci chiediamo qualcosa specifichiamo “ma un SUBITO dei MIEI o un SUBITO dei TUOI?” per poter vedere le aspettative dell’altro e segnalare se siamo in grado di soddisfarle, o declinare la richiesta.

 

Perché tutto sto pippone personale, mentre vi parlo di fiducia?

Perché quando il problema sono le aspettative, è possibile ottenere grandi risultati prestando maggiore attenzione alla comunicazione tra le parti, facendo una sorta di “patto chiaro” in modo che entrambi possano muoversi all’interno della relazione senza la paura di sbagliare o di ferire l’altro o di essere feriti.

Il problema è spesso quello:  “non parliamo abbastanza e la qualità della comunicazione è bassa”.


L’altro motivo per cui non ci fidiamo è altrettanto impattante, la mancanza di fiducia ci permette di difenderci da qualcosa.

 E’ un movimento cautelare che mi permette di evitare in maniera efficace qualcosa.

Di solito c’è un dolore fatto e finito, la mancanza di fiducia mi permette di stare un passetto indietro, di non immergermi completamente nella relazione, di non lasciarmi andare in  modo che io abbia sempre la possibilità di controllare.


Ma anche qui controllare, a braccetto con sfiducia, hanno un compito che, per quanto discutibile, grottesco, perfezionabile, ha una sua efficacia: se le cose vanno male io non soffro troppo.

O meglio ancora, qualora le cose andassero male io non proeròo quel dolore profondo che ho provato in un tempo lontano e che non voglio provare mai più perché è troppo grande, ho paura di non farcela, quel dolore mi distrugge. (in realtà non ti distrugge, ma la paura è quella)

 

Non è cattiveria, è una protezione auto attivata, un pilota automatico che ci mantiene in qualche modo al sicuro.

 

Le prime figure con cui impariamo a relazionarci sono mamma e papà, ma come vi dicevo all’inizio , non nasciamo con l’idea di dover mettere in discussione questa fiducia. Ma anche questa è soggetta a frane e ricostruzioni, non è qualcosa di statico, anche qui ci troviamo in una danza che con il tempo dà i suoi frutti.

Se è pur vero che la fiducia si può rompere, è altrettanto vero che si può ricostruire, dipende tutto dalla nostra capacità di gestire il nostro dolore e da come abbiamo imparato a gestirlo dai genitori.

Non dico che bisogna imparare a fidarsi di tutto e di tutti o azzerbinarsi, ma con le persone con cui abbiamo relazioni importanti o che ci terremmo tanto ad averle, è importante investire in questo gioco di scambio e comunicazione (purchè sia in qualche modo reciproco), lasciar entrare anche se c’è il rischio di rompersi un pochino, anche quando ci sentiamo di cristallo e abbiamo paura che gli altri entrino con la delicatezza di un elefante.


La lezione che sarebbe auspicabile imparare, per potersi fidare è: “magari mi spezzetto un po’ e provo dolore, ma quel dolore passa sempre e anche questa volta sono rimasta nella mia esistenza”

 

Oppure, come spesso accade con chi viene negli incontri individuali con me, ad un certo punto gli chiedo:


“Qual è la cosa peggiore che potrebbe succederti se scegliessi di fidarti completamente e abbandonarti a quella persona?”

Ecco, una volta ottenuta quella risposta, (e quelle successive che scendono in profondità)  hai immediatamente compreso da cosa ti sta proteggendo quell’atto di sfiducia.

Ed ecco qui che una comunicazione efficace e di cuore può fare miracoli.

La nostra vita è determinata dal nostro modo di comunicare. Non perché si tratti di manipolare per ottenere qualcosa (come qualcuno si ostina a dire) ma perché le parole hanno una loro frequenza, ed essere responsabili e presenti alle parole che si dicono ci permette di manifestare noi stessi e di ascoltare veramente gli altri.


Ecco che, a partire da oggi dopo aver letto questo articolo, quando ti accorgerai che qualcuno non si fida di te, invece di prenderla sul personale dicendo “ma guarda te sto str…o ma chi si crede di essere, ecc…” potremmo provare a pensare “mmh… qualcosa di automatico in lui, che non appartiene minimamente a me, gli sta dicendo di difendersi, questa persona ha paura di qualcosa”, vedrete cosa cambia. Ma funziona anche al contrario, la prossima volta in cui sentirete chiaramente di non potervi fidare in una relazione per voi importante, provate a chiedervi “questa sfiducia, in questo momento, da cosa mi sta proteggendo? E quanto sono disposta ad andare a vedere?”

 

Grazie per avermi letta fino a qui, ricordate di mettere un cuoricino se vi è piaciuto e di condividere questo articolo con le persone che, secondo voi e il vostro codice di aspettative potrebbero apprezzare.

A presto!


 

 
 
 

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