IA e relazioni d'aiuto: può funzionare?
- Yana K Duskova Madonno
- 16 set
- Tempo di lettura: 6 min

Prima di cominciare: preferisci il podcast? Ecco qui l'articolo!
Sono tornata giusto ieri da un evento di Andrea Fredi a Padenghe sul Garda ospite come relatrice sulle 5LB , l’evento portata il titolo di “Arte della Trasformazione” incentrato in particolare sulle tecniche di cui Andrea è istruttore, creatore e divulgatore come EFT-i, AGER E TAI. L’obiettivo era quello di dare ai partecipanti la possibilità di vivere la vita con maggiore leggerezza e qualche strumento di gestione del benessere. Qui tra l'altro puoi trovare il video podcast in cui ci siamo confrontati e divertiti a parlare di 5lb e sintomi
E’ stato BELLISSIMO. Un gruppo vasto ed eterogeneo, tutti uniti da intenti comuni e simili quindi potete solo immaginare che bella energia che fluiva.
Devo dire che gli eventi in presenza sono sempre bellissimi, e questo è uno dei motivi per cui andrebbero sempre preferiti quando se ne ha la possibilità.
Questa osservazione è arrivata in concomitanza e straordinaria opposizione con una nuova notizia vista questa mattina che non solo parlava ma sponsorizzava un intervento di natura psicoterapeutica guidato dall'intelligenza artificiale. Mi si sono drizzati tutti i peli. Ho sentito un crack.
Passino stiracchiati ancora le poltrone che fanno Shiatsu (che non è chiaramente Shiatsu) o le scarpe che fanno reflessologia plantare (vabbè lasciamo stare), passino i vibrat… vabbè ci siamo capiti…
Ho anche però pensato che magari è meglio di niente, e se per qualcuno è pur sempre un aiuto più facile da raggiungere rispetto ad altri (per via di comodità, prezzi, imbarazzo, fiducia, ecc) dall'altra mi sono chiesta: "come è possibile che un automatismo batta l'importanza della presenza di un'altra persona in presenza che ti aiuti?"
Dove ci siamo persi, se il dolore nel nostro cuore ci porta ad allontanarci dagli altri esseri umani piuttosto che cercarli quando abbiamo bisogno di aiuto?
Nelle 5LB la prima legge che si impara a conoscere racconta di come davanti ad eventi di natura straordinaria che devono avere connotazioni ben precise, il nostro corpo attuerà immediatamente (in maniera non mediata dalla mente) sui livelli di cervello-psiche-organo una risposta di adattamento per garantire la sopravvivenza, mettendoci in allerta.
Ma questo evento per essere catalogato come straordinario deve essere:
Acuto, improvviso, drammatico o scioccante, e vissuto con la sensazione di isolamento, ovvero una parte di noi deve sentirsi sola e sovrastata da quel peso.
Sola.
Isolata.
In questi anni in cui ho incontrato centinaia di persone che mi hanno raccontato le loro storie quello che ho visto che ha sempre fatto la differenza nel recupero del proprio benessere è stata la possibilità di raccontare a qualcuno il proprio vissuto e il proprio dolore (di qualunque tipo), tant’è vero che dopo aver fatto per anni solo massaggi e Shiatsu ad un certo punto mi fu chiaro che le sole tecniche manuali ed energetiche erano incomplete nella mia idea di sostegno alla persona.
Ma lo possono vedere tutti, non solo gli operatori del benessere, che dopo una chiacchierata con un amico su qualcosa che ci turba ci sentiamo immediatamente meglio, magari in maniera diversa, ma comunque ci sentiamo meglio.
Ci sono tre componenti importanti che fanno la differenza e portano inevitabilmente alla liberazione del dolore e al benessere che si possono trovare esclusivamente in una relazione di aiuto e che nessuna intelligenza artificiale potrà mai dare.
1- Il dare voce: gli eventi che viviamo sono composti da una parte realistica di ciò che è accaduto, una parte data dal nostro modo di percepire ciò che accade, e una parte di narrazione, rimuginìo e ruminazione altrimenti conosciute come “sega mentale”.
Tutto questo ricamare mentalmente sull’evento vissuto ha lo scopo funzionale di allontanarci dal vero dolore che proviamo ripensandoci. Creiamo scuse, scenari alternativi, cosa avremmo voluto dire o fare ecc, per ovattare quel sentito iniziale con il risultato che la situazione lievita, lievita lievita fino a diventare “troppo”.
La possibilità di riportare la realtà su una dimensione terrena e fisica attraverso la voce, dandole uno spazio sonoro, ci permette intanto di trasportare su un piano affrontabile del presente cosa è accaduto, e di ri-dimensionarla a portata di visione e successiva soluzione. È come riappropriarsi dell’oggettività dei fatti, e poter avere finalmente la percezione che detto ad alta voce con un testimone di questa dimensione questa cosa sia in effetti più facilmente gestibile di quanto non pensassimo. Ci avete mai fatto caso?
Nella gestione della IA non dico che l’effetto non possa essere possibile, ma quello che manca è la presenza in questa dimensione del testimone reale che confermi a tutti gli effetti che quello che è accaduto prende tratti del qui e ora.
2-Avere qualcuno che ti ascolti e non giudichi e che ti aiuta a trovare le risorse per gestire in autonomia quello che è accaduto. Qui diventa sottile la differenza tra amico e figura di aiuto: il primo fa l’equilibrista tra il rischio di sentirsi coinvolto con il suo bisogno di farti stare bene dandoti buoni consigli e la nostra paura di essere giudicati da una persona a cui vogliamo bene e della quale non vorremmo mai perdere l’autostima.
Poter raccontare tutti i nostri lati bui a qualcuno che non ci giudica e semplicemente ci ascolta senza darci consigli ci permette di fare due esperienze formative molto importanti: quando elimino il giudizio elimino la sensazione di sentirmi sbagliato e posso davvero ripartire per costruire qualcosa di buono per me; e quando elimino il consiglio permetto all’altro di fare l’esperienza di trovare da solo le risorse per farcela. In questo caso l’IA non ci può aiutare perché semplicemente non esiste nella società e non ci giudica perché non ha un posto o un’identità, la sua fredda presenza è una finestra vuota su una stanza che non ha anima e il suo “non-giudizio” non è reale perché non esiste.
3-Percepire un campo di relazione sottile: hai presente quella sensazione che provi quando ti trovi davanti a qualcuno che ti ascolta e che anche se non parlate tu ti senti in qualche modo già meglio? Hai mai provato l’esperienza del “mi basta solo entrare da quella porta e mi sento già meglio?” oppure “ma sai che mi basta che ci sei e sto già meglio”?
Non si tratta di magia o di persone speciali, o meglio se preferisci vederla così va anche bene, in un certo senso, ha senso.
Si tratta del fatto che la natura e la bio-logia nell’atto di creare e far evolvere l’essere umano ha dato regole ben precise che ne facilitassero la sopravvivenza e una di questa è che la crescita è favorita dalla presenza di altri esseri umani o di un branco, dal fatto di poter percepire la nostra identità anche attraverso gli occhi e la presenza di altri. Esattamente come una goccia d’acqua senza altre gocce d’acqua non è un mare e ha un tipo di identità, una persona in isolamento e lontana da altre persone perde di identità, struttura e forza. L’apparato più complesso e fine del nostro corpo è quello che ci permette di costruire relazioni e di percepire separazione velocemente in modo da favorire il ripristino del contatto il più in fretta possibile. La dottoressa Monique Charbonnier che accompagna tutto il corso di 5lb professionale con Mark Pfister sottolinea sempre una frase di una semplicità disarmante che racchiude la verità più grande:
“le relazioni ci fanno ammalare ma le relazioni ci guariscono”.
Se poi vogliamo indagare da diversi punti di vista, è stato studiato e verificato come il sistema nervoso, comunicando all’interno del nostro corpo tramite impulsi elettrici, genera a sua volta un campo che entra in relazione con i campi delle altre persone. Un sistema nervoso regolato e stabile di una figura di aiuto che trasmette il messaggio sottile di “non giudizio, capacità di gestire il dolore altrui e capacità di vedere le capacità dell’altro di ricerca del sé” è un campo che entrando in comunicazione con l’altro passerà l’informazione che c’è fiducia e possibilità di farcela qualunque cosa accada.
Avere a che fare con un figura che è stabile ci passa l’informazione che qualunque cosa accada andrà bene e che posso gestire quello che accade, è come se mi permettesse di attingere momentaneamente all’informazione del campo condiviso di stabilità e lucidità per usarle a nostro favore, per fare quel passo di cambiamento che altrimenti ci destabilizzerebbe.
Questo ovviamente anche a livelli di energie sottili modifica la relazione di aiuto, favorendola. Sono tutte quelle informazioni non visibili o percepibili che fanno la differenza enorme nell’evoluzione del disagio portato dal cliente. E questo, di nuovo, l’AI non può fornirlo, perché non c’è una reale connessione ad un campo condiviso da prendere in prestito e al quale accedere momentaneamente per sentire che possiamo farcela.
Come tutte le meraviglie della tecnologia anche questa dall’AI è solo uno strumento neutro che prende connotazione positiva e negativa in base al fine di chi e come lo si utilizza. Esattamente come una forchetta che posso usarla per nutrirmi o piantarmela in un occhio, ma sempre forchetta resta.
Così se in futuro ti troverai a voler affrontare una seduta di psicoterapia (o qualunque altra relazione di aiuto necessiti) tenuta da un bot, chiediti perché preferisci quell’esperienza piuttosto che un umano, e chiediti se forse il fatto che preferisci una non-anima per confrontarti su un problema per te importante non sia già di fatto il problema stesso, e in questo caso prendi un bel respiro e concediti come primo aiuto quello di fare un piccolo passo nell’ignoto provando una relazione di aiuto con un altro essere umano, chissà che la cosa non possa stupirti e farti ritornare in quella normale sensazione di “appartenenza”.







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