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Perché le molestie ci paralizzano?

Sapevi che esiste una capra che quando vive emozioni forti come paura, agitazione e stress si immobilizza fino a svenire per pochi secondi? Sembra sia un difetto genetico che quando la mente viene sovrastimolata con emozioni forti si crea un tilt che modifica il tono muscolare per qualche istante. (praticamente le basi della kinesiologia!)




Partiamo dalle basi: i dizionari definiscono “molestia” come una sensazione incresciosa di pena, di tormento, di incomodo, di disagio, di irritazione, provocata da persone o cose e in genere da tutto ciò che produce un turbamento del benessere fisico o della tranquillità spirituale (cit. dizionario Treccani).


Tecnicamente ogni volta che ci troviamo a provare un disagio, ci troviamo sotto #molestia, e quindi qualcosa non sta andando come dovrebbe. Il problema della molestia è che sebbene esista una sorta di codice sociale riconosciuto dalla maggioranza, che si forma con il buon senso e l’educazione sociale del contesto, che diciamo ricopre un buon 70% delle regole alle quali tutti dovremmo attenerci per non molestare nessuno, esiste una fetta di regole non riconosciute come tali, o che hanno subito l’influenza di radici e tradizioni molto diverse tra loro e che hanno creato un certo disturbo di fondo nell’apprendimento.

A questo aggiungiamo un’evoluzione emozionale che sta correndo velocissima non dando il tempo a tutti di adattarsi a questo nuovo essere umano che sviluppa e non sviluppa tutta una serie di stati emotivi ad una velocità impressionante. In un niente si creano nuovi modi di pensare, si accettano cose che un decennio prima erano tabù, si aprono porte su mondi neanche immaginati; e allo stesso tempo, sullo schema, dobbiamo incrociare il fattore “zona geografica” e “tradizioni storiche” le quali modificheranno la tempistiche di ricezione e la capacità di accettare i cambiamenti con più o meno facilità.


In soldoni?


Immaginiamo un giovane ragazzo di una grande città europea (magari universitaria dove gli intrecci delle popolazioni e l’età giovane aumentano la velocità dello sviluppo emotivo, tendenzialmente si ha meno paura delle cose nuove e solitamente nascono le mode) che interagisce con una ragazza della sua età che vive in un paese meno sviluppato economicamente, con radici storiche arcaiche molto presenti, dove i concetti di relazione uomo/donna seguono ancora degli schemi ben precisi e rigidi; dove magari la comunicazione (e quindi la crescita dovuta al confronto con altre realtà) è carente.


Cosa servirebbe a far sentire a disagio (e quindi sotto molestia) la ragazza? Probabilmente uno sguardo inopportuno, forse un complimento semplice già basterebbero.


Tre donne proveniente da contesti sociali, culturali, geografici estremamente diversi tra loro, reagirebbero in 3 modi diversi ad un complimento fisico urlato da un estraneo per strada. Una si sentirebbe “sporca e umiliata”, un’altra potrebbe sentirsi arrabbiata e la terza potrebbe anche sentirsi gratificata e apprezzata.


Quindi? Dove sta il giusto posto di una molestia?


Perché la molestia è così subdola? Perché fa leve sulla nostra buona educazione di non far sentire a disagio l’altro. Perché se tu mi contatti su un social e mi chiedi di conoscerci meglio, e io ti dico che non vedo il perché, e tu mi rispondi “non capisco cosa c’è di male” , quella sbagliata immediatamente mi sento io.


Perché se poi volessimo essere pignoli, e andassimo a sviscerare la situazione, probabilmente se mi stai contattando è perché hai un certo tipo di obiettivo, e quando io ti dico di no tu ti senti preso in difetto, e allora corri ai ripari dicendo che non stai facendo niente di male, e allora io mi sento quella esagerata che se la tira, e … mi faccio andare bene la molestia.


Queste cose possono accadere giornalmente, in ogni settore. Dalla famiglia, al lavoro, alle relazioni. Che c’è di male? È solo una carezza… Che c’è di male? È solo un caffè con un superiore… Che c’è di male, se ti dico che se mi lasci io mi tolgo la vita… in fondo ti sto solo dicendo quanto tu sia importante per me.


Eppure se avverti il disagio, dovresti ascoltarlo, perché fare o non fare qualcosa controvoglia non andrebbe fatto mai. E non solo perché una molestia è sbagliata, ma perché devi a te stessa/o di essere fedele al tuo stato di #

benessere.


Il limite della molestia è quindi relativo, dipende da persona a persona benché, come accennavamo, esista un codice sociale più o meno inteso da tutti che stabilisce cosa sia molestia e cosa no.

Ma il problema di poter essere sicuri che sia una molestia trova la sua origine proprio in quel range di regole conosciute da tutti che però cambiano filtro a seconda della persona. Ci sono persone che vivono un sorriso come una molestia perché il loro passato le fa pensare subito a qualcosa di sbagliato. E ci sono persone che non capiscono che mollare una pacca sul sedere a una ragazza possa essere una molestia, perché nel paesino da dove vengono non è considerata tale… anzi, è un sinonimo di un complimento.


Pensate che ci sono persone che vivono la molestia in maniera così forte che si paralizzano. E’ come se la loro mente si bloccasse e le trasportasse immediatamente in un posto dove “non sono lì e non stanno vivendo questo”, e perdono completamente la capacità di agire, di ribellarsi o di spiegare alla persona con fermezza che quella cosa che sta facendo la sta mettendo a disagio.

(basti vedere il servizio di qualche settimana fa del programma televisivo "le iene", dove denunciavano un falso operatore Shiatsu che molestava sessualmente le sue clienti, e queste testimoniavano la totale incapacità di reagire)


A volte a reggere il gioco al molestatore entrano in gioco delle profonde insicurezze del molestato… a volte c’è il “me lo merito” o il “non posso essere maleducata/o e rifiutare” o “è una persona che reputo al di sopra di me, non ho il diritto di fare/dire niente”.


Altre volte quando si riesce a pronunciare qualche obiezione, il molestatore potrebbe ribattere (sentendosi colto sul fatto e dovendosi trovare una giustificazione) che:

  • · “non sto facendo niente di male” , “non ci vedo nulla di sbagliato”, “che male c’è…” – probabilmente nel suo contesto da cui viene, quello che sta facendo è veramente percepito come qualcosa di normale;

  • · “che tu hai capito male” , “guarda che hai frainteso” – scarico di responsabilità: se tu hai capito male, sei tu che sei maliziosa/o e quindi in difetto;

  • · “adesso sei a disagio, ma vedrai che poi andrà bene, sarai premiato/a” , “se sarai carino/a con me, otterrai dei vantaggi” – seduzione: cerco di incoraggiarti attraverso un premio.


Oppure si arrabbierà per il rifiuto e in modo sottile farà leva sui nostri sensi di colpa, qualora trovasse spazio giusto per agire.


A volte le molestie sono volontarie e a volte sono involontarie. Il focus su cui dobbiamo portare attenzione non è il “cosa lo è e il cosa non lo è” generalizzando, ma su noi stessi stabilendo quali sono i nostri limiti, cosa ci mette a disagio superando i nostri confini e cosa invece accettiamo (anche se magari per la maggioranza non è ben visto.)


Provare disagio e non fare niente per risolverlo è qualcosa che andrebbe corretto e risolto sempre, attraverso la comprensione di cosa ci paralizza, ci blocca o giustifica chi ci sta mettendo a disagio.


Dopo un trauma forte di una molestia è SEMPRE consigliato un percorso con un buon psicoterapeuta, magari associato previo consulto a qualche seduta di Floriterapia per risolvere il trauma sia sul livello emozionale che energetico.


Se invece il tuo interesse è quello di prevenire uno stato di emergenza, qualche seduta di #Shiatsu o di #kinesiologiaemozionaleRD ti permetteranno di modificare quegli stati mentali che possono fare da aggancio o terreno fertile per le molestie, alimentando la propria autostima e il proprio benessere mentale.

Per saperne di più, contattami per una consulenza

Yana 3923302066

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