Che cos’è un #bisogno e perché è così importante conoscerlo?
Con il termine bisogno si intende una richiesta innata che il nostro cervello elabora per soddisfare una necessità importante ai fini della sopravvivenza.
Ricordiamoci che per il nostro cervello tutto viene elaborato in primis in maniera grossolana secondo il principio di salvaguardia di vita o di morte. La parte cosciente e decisionale è presente solo fino a un certo punto, soprattutto se per qualche motivo il cervello ritiene che sia a rischio la nostra sopravvivenza o quella della nostra prole e famiglia.
Quando si parla di cervello, si parla di un sistema complesso di programmazione del nostro DNA fisico ed energetico, integrato a quello che abbiamo appreso attraverso le nostre esperienze e le nostre credenze, per questo il concetto di “sopravvivenza” che sentiamo messo in discussione non sempre coincide se confrontato con quello di altri.
Al di là di casi oggettivi (un incendio, un incidente, la carta igienica che finisce nel momento sbagliato) quella che per me può essere codificata come un’emergenza, potrebbe non esserlo per un altro.
Resta il fatto che, per agire in maniera più veloce ed efficace, è come se nel nostro cervello ci fossero dei pulsanti che il computer attiva in maniera automatica per rispondere agli eventi.
Per citare un caso, se sto camminando per strada con un bambino in braccio e inciampo, il mio cervello prima ancora di rendermi cosciente di cosa stia accadendo, elaborerà la risposta più adatta per la sopravvivenza mia e del bambino, magari optando per una caduta in modo che questi non venga schiacciato dal mio corpo e io allo stesso tempo possa mettere una mano in appoggio per attutire il colpo.
Registrando un bisogno di cautelarsi dalla caduta, in automatico il mio cervello attiva una re-azione di salvezza, senza che sia io a decidere direttamente l’esatta sequenza di movimento.
Questo è un bisogno: un’elaborazione dei dati del computer centrale che necessita una richiesta di intervento, che per una serie di ragioni ben valide e indiscutibili viene messa in atto senza se e senza ma.
Ogni volta che faccio un movimento devo essere cosciente che da qualche parte nel mio cervello, un secondo prima è stata elaborata quella richiesta per soddisfare un bisogno. Ogni tasto che sto schiacciando sulla tastiera in questo momento, è possibile grazie a una richiesta da parte del mio cervello partita circa un secondo prima.
Questo, per farla spiccia-spiccia.
I bisogni sono così importanti che sono stati dotati di un sistema di allarme di riconoscimento, le e-mozioni, queste infatti si generano sempre in relazione al fatto che un bisogno sia stato soddisfatto oppure no.
Sto vivendo un e-mozione piacevole? Allora posso essere certa che pocanzi un bisogno è stato soddisfatto. Sto vivendo un e-mozione non piacevole? Probabilmente qualcosa nel mio bisogno da soddisfare non è andato secondo i piani.
Pensate ai bambini piccoli quando sono stanchi e hanno un bisogno fisiologico di riposare e non riescono, come diventano difficili da gestire…
Ma quali sono i bisogni, esiste una lista?
La piramide di Maslow li raggruppa in 5 categorie:
fisiologici, sicurezza, appartenenza, realizzazione e stima.
Secondo la lista della kinesiologia emozionale di Rolando Dini sono: accettazione, ammirazione, amore, apprezzamento, approvazione, comprensione, rispetto, riconoscimento, incoraggiamento, fiducia, cura, consolazione, conferma.
Secondo Claudio Trupiano e Maria Greco nei loro corsi di comunicazione non violenta la lista è ancora più vasta fino a un centinaio dove si aggiungono sottocategorie come libertà, famiglia, gioia, unione, ecc…
Io trovo efficace la scala di priorità che alla base mette quelli fisiologici e di sicurezza, perché se non ho un tetto sulla testa che mi permette di accudire la famiglia, o se non ho di che mangiare, biologicamente sarò richiamato con maggiore forza su quelli per garantire in primis la sopravvivenza.
Questo fenomeno è velatamente visibile quando si aprono i buffet ai ricevimenti. O quando apro la scatoletta di cibo per gatti in cucina e dal nulla appaiono i felini, anche quelli non miei.
La cosa che ho piacere che portiate con voi, al termine di questo articolo, è che seppur per qualche secondo, nessuno di noi è veramente libero di scegliere come agire, in stato di spontaneità.
Ci serve per integrare la possibilità che ognuno di noi, quando guarda indietro nel suo passato, può vedere che le scelte e le reazioni che ha avuto erano sempre e solo le migliori che poteva fare con le carte che aveva in gioco.
Ogni azione, re-azione, decisione, parola, atteggiamento che abbiamo, è decisa poco prima di renderla pubblica, e la nostra forza non sta mai nel tentare di sopprimere quel bisogno, ma nell’essere coscienti che esiste, che fa parte di noi e che possiamo integrarlo nella nostra vita.
Per qualche motivo che ancora devo comprendere, sembra che quando si manifesta un bisogno, la tendenza è quella di venire paragonati a dei bambini, come se solo loro potessero avere il diritto di manifestarli.
Sei bambino? Ti è concesso avere fame, sonno, bisogno di ammirazione o cura. Sei adulto? Mi dispiace, devi crepare, e se ti permetti di manifestare un tuo bisogno allora sei immaturo, dovresti saperlo che certe cose non si fanno, cerchi “solo attenzioni”, ecc… insomma, si da il via al cerchio delle buone parole.
Ma i bisogni esistono a tutte le età.
Perché ognuno dei bisogni è collegato alla tacita esigenza di sopravvivere che si aveva da neonati. Un neonato ha estremamente bisogno di attenzioni così come un bambino di apprezzamento, e queste memorie le serbiamo con noi durante la crescita e in maniera innata le cercheremo nelle persone con cui intesseremo relazioni.
Ma non solo: le relazioni prenderanno inconsciamente una buona o una brutta piega in base a come la persona che avremo davanti soddisferà o meno i nostri bisogni.
A me piace portare la metafora dei secchielli: ognuno di noi nasce con in dotazione 14 secchielli (qui faccio riferimento ai bisogni basali presi in considerazione da Rolando Dini nella sua kinesiologia emozionale) ognuno dei quali è collegato a un bisogno primario.
Ne abbiamo uno per ammirazione, uno per amore, uno per apprezzamento e così via.
Durante la mia infanzia chiederò (inconsapevolmente) che la mia famiglia colmi questi secchielli, e mamma e papà li riempiranno nel modo in cui sono capaci (e che hanno imparato a loro volta).
Quando i “secchielli” si riempiranno avrò questo senso di “pienezza”, mentre per quelli che rimangono vuoti, o cercherò di riempirli con un’idea di come dovrebbero essere riempiti, o cercherò tutta la vita persone che li riempiano.
Ma non solo: coloro che li riempiranno, ai miei occhi risulteranno persone speciali.
Se il mio secchiello del riconoscimento è poverello, ogni volta che da adulta incontrerò qualcuno che lo riempie, questi per me diventerà una persona speciale… un maestro super, un compagno di vita, un’amicizia speciale ecc… si instaurerà quasi una forma di dipendenza da questi… non tanto per la persona in sé, ma per come mi fa sentire ogni volta che riempie il mio secchiello, ovvero il mio bisogno, che per me è essenziale.
Avete mai fatto caso che al di là del sentore “a pelle”, le persone ci piacciono di più o di meno in base a quanto soddisfano i nostri bisogni primari?
Sul podio abbiamo attenzione, riconoscimento e comprensione.
Ho visto persone scegliere di seguire un corso di studi, una specializzazione lavorativa in base a quanto l’insegnante colmasse i suoi secchielli di apprezzamento e riconoscimento.
Anche qui la mia risorsa per liberarmi da questa dipendenza non starà mai nella mia capacità di sedare quel bisogno, accantonarlo o inibirlo, quella è una lotta persa in partenza.
Ricordatevi che per qualche “strano motivo”, il mio cervello ritiene essenziale per la sopravvivenza soddisfare quel bisogno, sedarlo verrebbe codificato come presagio di morte, che per il cervello non è accettabile, e lo spingerebbe ancora di più.
La risorsa efficace è lasciare un posto a quel bisogno, riconoscerlo quando viene su, accogliere che altri ci ammirino, riconoscano, comprendano (riempendo il nostro secchiello) sapendo che sono libero di accogliere il mio bisogno ma che la mia identità, le mie scelte o una possibile relazione, per essere autentiche, non possono dipendere da queste mancanze.
Parte della nostra identità è data dai nostri bisogni, non vi è nulla di sbagliato in questo. Riconoscerli e dargli un posto, ci rende liberi di scegliere le nostre direzioni rimanendo fedeli a noi stessi.
Vi lascio qui una meditazione dei secchielli, che ha lo scopo di aiutare a riempire energeticamente questi bisogni in modo che ognuno di noi possa sentire la possibilità di essere pieno, completo e consapevole.
Comments