Stamattina ero pensierosa perché ho quasi finito di fare l’Agenda 2025 ma mi mancava ancora del materiale.
Mi serviva un argomento, qualcosa da inserire che c’entrasse qualcosa con l’argomento scelto e l’universo mi ha ascoltata mandandomi un messaggero a modo suo.
Non erano neanche le 8.30 e una persona ha cominciato a raccontarmi di una scenata di gelosia alla quale ha dovuto assistere, suo malgrado, in una coppia di amici.
E così mi sono detta “voilà”, ecco trovato l’argomento per novembre: la gelosia.
Ecco, non è proprio al 100% calzante, ma un buon 80% si, per fare un paragone è come tentare di infilare il quadratino nella forma del cerchio, passarci passa, ma mancano ancora delle cose per essere perfetto.
Lo spazio di novembre ‘25 è dedicato al bisogno primario di attenzione, (per quanto riguarda il ruolo importante che giocano i bisogni primari nelle relazioni vi rimando qui a questo articolo o qui a questo video), che con la gelosia ci va a braccetto.
La gelosia non ha sesso o età, esiste tra gli esseri umani ed è un E-mozione che si manifesta quando un bisogno (più o meno antico) non è stato soddisfatto.
Tra l’esperienza personale e raccolta negli incontri in studio, quelle più facili da riconoscere sono tra le persone che hanno l’energia di fuoco particolarmente irruenta, con passioni molto forti, e un discreto bisogno di essere al centro dell’attenzione. Ma il suono è anche quello di una ferita di ingiustizia, qualcosa che le apparteneva e che ingiustamente le è stato tolto.
In realtà molti dei bisogni sono coinvolti, anche quello di conferma o fiducia se la giocano bene.
Per questo senza tante generalizzazioni, la cosa più efficace da fare, con grande dolcezza e privi di giudizio, quando ci sentiamo pervasi dal fuoco della gelosia, è chiederci “quale bisogno non ho sentito soddisfatto, o di cosa mi sono sentita/o privare poco prima che mi si facesse tutto nero annebbiata/o dalla gelosia”?
Qualcuno associa la gelosia al bisogno di possesso “questa cosa/persona è solo mia” che in natura si può vagamente paragonare al territorio e quindi anche qui alla sopravvivenza. I felini maschi in natura, si muovono alla conquista delle femmine e sfidano i rivali (uccidendo eventualmente i cuccioli nati) come forma di rivalsa e conferma sul territorio, luogo dove manifestano la propria stirpe.
E’ più sottile e atavico come messaggio, non ci appartiene quasi più, ai giorni nostri anche la gelosia si è evoluta.
Vediamo i casi a seconda di essere noi i gelosi, o essere noi vittime di gelosie.
Quando ci troviamo davanti a una scenata di gelosia, c’è poco da fare, soprattutto se la persona che ci accusa è nel buio più profondo del dolore.
Ricordatevi una cosa: nel momento dell’esplosione (di qualunque E-mozione) c’è poco da fare, in quel momento la persona non ragiona e non è possibile portarla con discorsi di logica a calmarsi, non prende, non c’è campo, è momentaneamente fuori per ferie.
Discorsi di logica, per quanto giusti e saggi, non trovano appiglio, perché una parte della risposta della sua mente è in modalità sopravvivenza, vita/morte.
È ‘più utile proporre movimenti dolci, non verbali, assumere un atteggiamento di ascolto e accoglienza, parlare lentamente, respirare e tranquillizzarci noi per primi (abbracciando che in quel momento, di qualunque cosa ci accusi, non ci riguarda) quando la “scimmia” scenderà allora potrete fare tutti i discorsi del caso.
Una persona gelosa vi accuserà di cose che oggettivamente potrebbero anche non essere vere, ma che per lei lo sono, lei le ritiene tali. È un suo percepito che la sposta nel dolore, che aggancia sapori più vecchi, e di cui voi fate in parte da specchio.
Comprendere quale bisogno ha trovato picche poco prima, vi permetterà (non senza sforzo e schivando gli attacchi) di colmare momentaneamente quel sentito.
Ciò che vi viene buttato addosso, racconta molto più di lei che di ciò che realmente avete o non avete fatto.
Un bambino geloso per il fratellino appena nato, probabilmente ascolterà quello che gli direte nel più classico dei modi che “lui è più piccolo, ha più bisogno, ecc…” ma questo non colmerà il suo bisogno di attenzioni mandandolo ancora di più in frustrazione.
Chi ha una crisi di gelosia non ha voglia di sentirsi dire che non va bene, che è sbagliato che provi quel sentimento, che deve fare qualcosa a riguardo, o che voi avete o non avete fatto “X”… in quel preciso momento vuole solo che qualcuno accolga il suo dolore. (Come anche in tutte le altre manifestazioni).
E cosa fare se i “gelosi” siete voi? Intanto rileggete il paragrafo sopra e posizionatevi nell’altro personaggio.
Il primo passo è non sentirsi sbagliati perché si è gelosi. Non c’è nulla di sbagliato nel provare gelosia. Com-prendere cosa vi è mancato poco prima che vi ha fatto scattare in modalità “Otello” vi permetterà di capire qual è il grilletto a cui prestare attenzione, magari per ascoltarlo con calma quando le acque si saranno calmate.
Quando capisco che il mio è un bisogno di attenzioni profondo, senza giudizio o condanna cercherò un modo di chiederlo. Che non sarà “tu non mi dai attenzioni” (questo è visto come un giudizio o un rimprovero e non avremo risposte che ci piacciono), ma piuttosto sarà un “ho bisogno della tua attenzione perché quando sento che mi manca mi fa malissimo e mi mette paura… per favore per aiutarmi, ti andrebbe tutte le sere prima di andare a letto stare 10 minuti insieme solo io e te?” (O qualunque cosa vi faccia piacere, un weekend al mese insieme, un aperitivo, ecc)
Questo lo spiega molto bene M. Rosemberg nel suo libro “Essere me, amare te” o anche “Le parole sono finestre oppure muri”.
Ognuno di noi ha bisogno di attenzioni con grado e intensità diverse. Quando le scenate però raggiungono livelli eccessivi con aggressioni, umiliazioni, ecc, quello che ci raccontano è che il dolore è enorme e la persona non ha acquisito risorse sufficienti per gestirlo in autonomia. E un aiuto, a seconda di quello che è il percorso di credenze di quella persona, non sarebbe male.
Come ogni volta, non vi sto chiedendo di giudicare o credere che sia verosimile, vi sto chiedendo di osservare e provare, la prossima volta che vi capiterà e di costruire un’esperienza.
Alla prossima!
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