La spalla
A richiesta per il collega Alessio Tesini massaggiatore qualificato ed esperto sulla zona di Savigliano e Saluzzo (CN) che consiglio vivamente (trovate qui la sua pagina), questo mese parliamo della #spalla.
La spalla è quell’ingranaggio meraviglioso, formato da ossa, muscoli, cartilagini, legamenti e tendini che si trova tra la base del collo e il braccio. Permette di fare una quantità di movimenti complessi e articolati in tutte le direzioni: possiamo alzarla, abbassarla, portarla avanti e portarla indietro. Il suo meccanismo di movimento è davvero affascinante. Ovviamente non è un “pezzo a sé” poiché è collegata a tutto il resto del corpo e ha funzioni anche di bilanciamento, e connessioni importanti con il busto.
Cosa ci racconta, di noi e del nostro modo di vivere, la nostra spalla?
Per la rubrica di decodifica bio-logica del sintomo, oggi vi introdurrò nel suo significato. Quello che leggerete altro non è che un’infarinatura, un abbozzo generalizzato del significato nascosto di questa articolazione, che in qualche modo potrebbe impoverire il concetto in sé, ma che può accompagnarci con un pizzico di curiosità nel mondo dove è possibile comprendere la ragione più profonda che c’è dietro ad un sintomo.
A cosa ci serve la spalla?
Ognuno di noi usa la spalla in un suo modo personale, ma a grandi linee è il meccanismo che ci permette di
- Tirare a noi qualcuno
- Scacciare qualcuno
- Scrollarsi qualcuno di dosso
Il complesso della spalla è formato da 5 articolazioni atte ad agganciare l’arto al busto e a rendere possibili decine di movimenti in ogni direzione.
Il consiglio è sempre quello di chiedervi personalmente “in quale movimenti coinvolgo la spalla? A cosa mi serve la spalla?”, per capire quale movimento reale o figurato è stato coinvolto.
Esattamente come abbiamo accennato nel ginocchio nella scorsa Lettera delle Novità, (se te lo sei perso lo trovi QUI) anche qui i tessuti che compongono la spalla sono essenzialmente tessuti che rispondono all’esigenza bio-logica di “essere abili a fare un determinato movimento”, e il sentito ad essa legata è la “svalutazione”, essere o meno in grado di “avvicinare a noi qualcuno”, “allontanare o scacciare qualcuno”.
In quella che è la decodifica bio-logica del sintomo, occorre ripercorrere una nozione importante, che prende senso solo che contestualizzata e conosciuta: il dolore che riguarda ossa, muscoli, cartilagini, tendini e legamenti, si presenta sempre dopo che è avvenuta la risoluzione del suddetto evento.
Per fare un esempio, avrò male alla spalla dopo che finalmente dopo che sarò stata finalmente in grado di “allontanare e scacciarmi di dosso” quella persona che da tempo vivevo come un peso e volevo tanto allontanare.
Non si tratta di una questione matematica: ricordatevi che la sensibilità agli eventi è del tutto personale e unica. Non tutte le persone che vivono lo stesso evento, manifestano lo stesso sintomo: le sfaccettature di come viviamo un determinato momento sono dettate dal nostro carattere, educazione e vissuti.
Quando viviamo la sensazione di voler “tirare qualcuno a noi” attraverso l’atto di allungare il braccio, afferrare e tirare a sé, parte della nostra spalla si attiva per farlo (parte davanti sopra al pettorale), e quando passa un po’ di tempo e “vorremmo attirare a noi” quella persona, ma per i motivi più svariati non ci riusciamo, il nostro corpo è come se si modificasse per facilitare quella presa, per renderci maggiormente capaci, ma in quel momento non sentiamo dolore…
E’ quando poi finalmente riusciamo a farcela che il malessere interviene per riparare le precedenti modifiche. Se invece ci troviamo nella posizione di avere qualcuno (reale o figurato) che ci sta sulle spalle come un peso o una croce, e che vorremmo tirare via e scrollarci via di dosso (prova a fare il movimento della spalla quando qualcuno ti afferra da dietro ma non vuoi) ecco che la spalla posteriore si attiverà per “aiutarci” a togliere e far scivolare quel “peso”. Anche qui la soluzione dolorosa avverrà successivamente alla liberazione.
La nozione che stravolge tutte le conoscenze olistiche che fino a ora abbiamo sentito o conosciuto, è che in realtà, detta così, in teoria quando ho male, trattandosi di una risoluzione, non dovrei fare nulla perché “sta passando da solo”.
La risposta è “NI”.
Si, perché in teoria è vero, il processo sta andando avanti da solo: il dolore infatti è il segno che i tessuti si stanno ricostruendo secondo tempistiche e schemi ben precisi, e ha lo scopo di segnalare alla persona che in quel posto sta avvenendo un processo di riparazione e che in quanto tale andrebbe tenuto fermo. Infatti il dolore ci serve per ricordarci che quella parte non va stimolata o mossa.
NO perché ahimè abbiamo perso quella possibilità di connessione biologica naturale e non viviamo più come gli animali in un contesto che ci permette di lasciare che la risoluzione arrivi alla fine secondo la propria tempistica. Non siamo praticamente mai davanti a quella che si può definire una “curva naturale” del dolore.
Quando racconto ai miei clienti che la cosa migliore è prendersi cura di quel dolore, mi fanno si con la testa, ma quando gli dico “prova a tenerlo fermo e soprattutto non sforzarlo per almeno 21gg”, mi sgranano gli occhi e protestano con una serie di “ma non è possibile!! Come faccio a fare questo, questo e quest’altro!! Ho una vita da portare avanti!”. Questo, un animale nella foresta non lo direbbe.
Il concetto anche qui, è che ogni volta che sento il male, il male stesso diventa una possibile fonte di “STRESS”, e diventa a sua volta una nuova attivazione.
Ma cos’è diventata la nostra vita, se non riusciamo nemmeno ad immaginare di poter modulare un movimento per 21 giorni ? Se non riusciamo a pensare di poter chiedere aiuto per evitare di sforzare quel movimento?
Sorvolando questa riflessione, torniamo ai consigli che anche qui, proprio per evitare di innescare noiose successive attivazioni, si incentreranno prima di tutto sull’ “alleviare e rendere sopportabile” il dolore, e in seconda battuta, riconoscere quale situazione abbiamo vissuto che ha portato il nostro corpo a percorrere quel sentiero di adattamento, e capire se è qualcosa in cui potremmo incappare nuovamente.
Spesso insieme alla spalla sono coinvolte le cervicali (sistema muscolo scheletrico che troviamo da sotto la scatola cranica alla gobbetta che troviamo sulla schiena quando abbassiamo la testa) e la zona cingolo scapolare, questo ci porta ad osservare ulteriori dinamiche quali:
- Pesi reali o figurati di cui ci siamo fatti carico
- Incapacità di saperci guardare intorno per evitare possibili pericoli per noi o la nostra famiglia.
Non è mai una questione di giudizio: non si tratta di dire “dovrei fare diversamente” o “sono troppo buona” o “mi faccio carico sempre dei pesi degli altri e dovrei smetterla”.
Ognuno di noi è perfetto esattamente per quello che è, e in maniera non razionale ma molto istintiva, attua i tratti caratteriali che meglio gli permettono di sopravvivere alla vita, sia per lui che per i propri cari.
Siamo tutti d’accordo che, se tutti ci caricassimo solo delle nostre responsabilità e non di quelle degli altri, sarebbe un mondo migliore… ma sappiamo anche tutti che non si tratta di una scelta arbitraria che possiamo fare. Certe cose le facciamo così, di getto, di sentito, senza fermarci a chiederci se sia il caso. E va bene anche così.
3 consigli per la tua spalla:
Se hai un dolore forte e limitante l’invito è sempre quello di agire sul dolore rivolgendoti a personale medico specialistico, per trovare il metodo migliore per te.
1) Cerca di muoverla il meno possibile per evitare di ripetere il dolore per almeno 3 settimane; se sei uno sportivo e proprio non ce la fai a stare fermo, puoi fare movimento funzionale seguito da personale specialistico (fisioterapie, personal trainer qualificati, ecc)
2) Trattamenti per limitare il dolore: farmaci locali correttamente prescritti, taping, auricologia, pomate e balsami, massaggi qualificati, reflessologie, tutti quei trattamenti che secondo tua percezione ti aiutano a “sentire meno il dolore fisico”; mi raccomando però di non cacciare via il dolore per poter tornare in fretta a giocare a tennis, portare borse pesanti, ecc… Il dolore si allevia per facilitare il decorso della riparazione, non per tornare a forzare la spalla prima dei tempi!
3) Personalmente in studio, insieme ad altre tecniche uso l’applicazione di taping con alcuni Fiori di Bach testati kinesiologicamente (spesso chicory e oak) che aiutano a riportare in coerenza il sentito emozionale, e qualche punto riflesso di Shiatsu o auricologia.
Prendi questi spunti come curiosità, e se vuoi approfondire ricordati che:
- E’ ora possibile acquistare il mio seminario di 5h tratto dall’incontro di gennaio a Roma (QUI)
- Puoi iscriverti al corso introduttivo di 20h con consulenza gratuita QUI
- Puoi richiedere una consulenza di decodifica del sintomo a me o all’operatore con il quale ti senti maggiormente in sintonia
Nella Lettera delle Novità e sul sito trovi consigli, materiale, libri, risorse ecc…
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